E’ evidente che esista una relazione profonda fra il rAmAyaNa (rAma.) e il mahAbhArata (mahA.) nel senso che il primo è stato scritto avendo ben presente l'”opera” che il secondo è, e in più di un modo ad esso risponde.
Ne sono esempi evidenti il culto di rAma-viSNu nel rAmA. e quello di kRSNa-ziva nel mahA.,
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Śūrpanakhā kāmamohitā: l’amore di Śūrpanakhā (Rāmāyaṇa, III, 16-17)
Śūrpanakhā, a livello narrativo, è una figura fondamentale nel Rāmāyaṇa di Valmīki.
Si tratta di un’orchessa, una rakṣasī, una divoratrice di uomini, sorella del capo dei capi dei demoni, Rāvaṇa, quel demone sovrano dell’isola di Lanka, che, incitato dalla stessa Śūrpanakhā, rapirà Sītā sottraendola a Rāma.
Il fatto è che Śūrpanakhā si innamora di Rāma, quando lo vede, durante una delle sue solite scorribande nella foresta alla ricerca di uomini da sbranare, quando lo vede splendido, seduto a raccontarsi storie con Sītā e Lakṣmaṇa, sua moglie e suo fratello. Continua a leggere
Mantharā: è poi così cattiva?
Un’importante personaggio del Rāmāyaṇa è Mantharā, la famosa serva gobba di Kaikeyī, la moglie giovane del vecchio re Dasharatha, padre di Rama. Mantharā è importante nella trama del Rāmāyaṇa, perché è lei che convince la regina Kaikeyī a costringere il re Daśaratha a mandare Rāma (l’eroe dell’opera, incarnazione di Viṣṇu) — il primogenito di Daśaratha, avuto da un’altra moglie, Kausalyā — in esilio nella foresta per 14 anni, e consacrare re suo figlio, Bharata (fratellastro di Rāma e anch’egli, a dirla tutta, incarnazione di Viṣṇu). Continua a leggere