E’ uscita la mia traduzione!

Tradurre il Saudarananda di Aśvaghoṣa, o “La Storia di Nanda” (uscito in questi giorni edito da Marietti Nanda), non è stato affatto facile e mi ha preso moltissimo tempo. Pur non essendo scritto in un sanscrito particolarmente complicato e pur avendo una trama semplice e perfettamente delineata, il testo è non di rado di diffile interpretazione Continua a leggere

La Pārvatī di Kālidāsa fra ascesi e erotismo

Kālidāsa nel capitolo V del suo famoso Kumārasambhava, o “La Nascita del Principe”, ci racconta la storia di come Pārvatī, dopo aver visto clamorosamente fallire l’effetto della sua bellezza su Śiva, decide di dedicarsi ad un’ascesi talmente intensa da acquisire quel potere su di lui che la sua pur straordinaria bellezza non le aveva dato: si dedica cioè all’ascesi non — come solitamente avviene — per ottenere la liberazione, ma per ottenere un marito.
Insomma, Pārvatī si dedica all’ascesi per amore! Continua a leggere

Śūrpanakhā kāmamohitā: l’amore di Śūrpanakhā (Rāmāyaṇa, III, 16-17)

Śūrpanakhā, a livello narrativo, è una figura fondamentale nel Rāmāyaṇa di Valmīki.
Si tratta di un’orchessa, una rakṣasī, una divoratrice di uomini, sorella del capo dei capi dei demoni, Rāvaṇa, quel demone sovrano dell’isola di Lanka, che, incitato dalla stessa Śūrpanakhā, rapirà Sītā sottraendola a Rāma.
Il fatto è che Śūrpanakhā si innamora di Rāma, quando lo vede, durante una delle sue solite scorribande nella foresta alla ricerca di uomini da sbranare, quando lo vede splendido, seduto a raccontarsi storie con Sītā e Lakṣmaṇa, sua moglie e suo fratello. Continua a leggere

Dall’arthaśāstra di Kauṭilya: lo svadharma

L’arthaśāstra di Kauṭilya è un testo molto importante e interessante. In uno stile sintetico, spesso quasi lapidario, Kauṭilya descrive, in questo testo sicuramente antico ma di datazione incerta (si oscilla dal III a.C. al III d.C.), lo stato ideale, con particolare attenzione alla figura del re e dei ministri, all’economia, alla giustizia e alla politica estera (guerra, difesa, strategie espansive).
Nel passo tradotto di seguito (1.3.5-1.3.13) si affronta il tema dello svadharma o dei compiti specifici dei diversi “gruppi sociali” (varṇa) e delle diverse “condizioni di vita” (āśrama). Continua a leggere

Studiare il verbo sanscrito: da dove si inizia?

Può sembrare brutto, può sembrare noioso, ma il metodo migliore per studiare il verbo sanscrito, secondo me, è cominciare memorizzando — senza paura e con entusiasmo — le terminazioni cosiddette primarie e le terminazioni cosiddette secondarie.
Tanto in definitiva, quando si analizza una frase e si deve, come per ogni lingua indoeuropea antica, partire dal verbo, è la terminazione che dobbiamo riconoscere, è quel “pezzettino lì” a dirci: “Hei! Guarda che è questo il verbo: parti da qui!”. Continua a leggere

Come si studia sanscrito con me?

E’ inutile, in effetti, negarlo: lo studio del sanscrito — intendo qui lo studio del sanscrito con l’obiettivo di avere un accesso diretto agli originali sanscriti con l’ausilio di un testo a fronte — non è per tutti, e questo sostanzialmente per due motivi: il primo è perché non tutti hanno la voglia e la capacità di studiare grammatica (e il sanscrito è grammatica — mi si creda — prima ancora di essere lingua) e il secondo, perché non tutti hanno la voglia e la capacità (o forse è più che altro una questione di coraggio) di studiare con l’obiettivo di imparare a memoria, Continua a leggere

Mantharā: è poi così cattiva?

Un’importante personaggio del Rāmāyaṇa è Mantharā, la famosa serva gobba di Kaikeyī, la moglie giovane del vecchio re Dasharatha, padre di Rama. Mantharā è importante nella trama del Rāmāyaṇa, perché è lei che convince la regina Kaikeyī a costringere il re Daśaratha a mandare Rāma (l’eroe dell’opera, incarnazione di Viṣṇu) — il primogenito di Daśaratha, avuto da un’altra moglie, Kausalyā — in esilio nella foresta per 14 anni, e consacrare re suo figlio, Bharata (fratellastro di Rāma e anch’egli, a dirla tutta, incarnazione di Viṣṇu). Continua a leggere

Dal Mahābhārata: l’episodio della maledizione di Pāṇḍu

L’episodio della maledizione del cervo a Pāṇḍu ci racconta il motivo dell’impossibilità di Pāṇḍu di avere figli, fatto narrativamente cruciale perché è alla base dell’origine divina, da parte di padre, dei “figli” di Pāṇḍu, i cinque Pāṇḍava protagonisti del Mahābhārata.
Da notare in questo passo, oltre al ritmo incalzante del dialogo fra Pāṇḍu e il cervo morente, e all’atmosfera mitologica, sono: Continua a leggere

Il passaggio dai bhāva ai rasa in Bharata: uno sguardo alla teoria dei guṇa o “qualità”

Secondo Bharata esistono otto sthāyibhāva o “emozioni di base condivise da tutti gli esseri umani”, i.e. 1) rati “passione d’amore”, 2) hāsa “ilarità”, 3) śoka “dolore”, 4) krodha “ira”, 5) utsāha “forza morale”, 6) bhaya “paura”, 7) jugupsā “disgusto” e 8) vismaya “stupore”, emozioni di base che sono in un certo senso la materia prima di ogni performance teatrale (e della nostra stessa esistenza). Continua a leggere

Mahābhārata: I Pandava e i Kaurava, cugini come esattamente?

Per farsi un’idea di cosa sia il Mahabharata, oltre e più che pensare all’epica (per esempio all’Iliade, all’Odissea o all’Eneide) bisogna anche immaginare una specie di immensa enciclopedia di tutti i possibili comportamenti umani presentati in infinite storie, enciclopedia scritta in un sanscrito semplice ma mai banale nell’arco di svariati secoli fra il II a.C. e il II d.C. con parecchie aggiunte e rimaneggiamenti successivi. Continua a leggere