La teoria del Sé

Mercoledì 13 sera, presso il centro yoga Odakayoga di Roberto Emanuel (https://www.bestyogashiatsu.com/), a Torino in via Cibrario 15, ho provato a comunicare l’importanza e la profondità della teoria del Sé, o teoria dell’ātman-brahman, per come è espressa nelle Upaniṣad più antiche, a un pubblico non specializzato che in gran parte non sapeva nemmeno che una tale teoria esistesse. Odaka_teoria_del_sé
In più di un senso la teoria del Sé ha avuto un impatto sul panorama filosofico indiano classico comparabile a quello che la teoria delle Idee di Platone ha avuto per l’Occidente. D’altronde le Upaniṣad complessivamente, nella loro diversità e vivacità, rappresentano per la filosofia indiana quel che il pensiero greco è per la filosofia occidentale: e infatti la teoria dell’ātman-brahman è solo una delle tante teorie che troviamo sparse nella cospicua letteratura upanishadica.
Per dare un’idea all’uditorio di quanto è vasto il corpus delle Upaniṣad, ho mostrato il famosissimo volume Upaniṣad Antiche e Medie, traduzione delle Upaniṣad del Professor Pio-Filippani Ronconi, che con le sue 350 pagine di traduzioni, raduna in un volume tutte le Upaniṣad considerate antiche (risalenti cioè ad un lasso di tempo che va, con molta incertezza, dal VII a.C. al I d.C.).
Quando parlo di documenti letterari indiano-antichi non posso esimermi dal ricordare che l’India non è una civiltà “del libro”, della scrittura, come lo è quella occidentale, e predilige la trasmissione orale della conoscenza.
Questo spiega da un lato l’esistenza in India di sofisticate tecniche di memorizzazione che permettono la trasmissione orale di vasti corpora di conoscenza con un altissimo grado di precisione e d’altro lato che i testi antico-indiani non siano propriamente dei libri: non avrebbe senso pensare, per esempio, alle Upaniṣad come a testi che hanno un inizio e una fine, o unità di luogo e tempo, e tutte le caratteristiche stilistiche di base che per millenni hanno guidato la produzione di libri in occidente. Ne consegue che sono documenti difficili da leggere, perché alternano passi di significato e tono totalmente diversi fra loro, alcuni dei quali per un lettore occidentale sono interessantissimi e altri pressoché incomprensibili.
La teoria dell’ātman-brahman è certamente, nella molteplicità di voci che coesistono nella letteratura upanishadica, una delle più importanti perché determina quella svolta nell’interiorità e nell’inconcepibile che tanto caratterizza buona parte della speculazione indiana, impegnata a definire l’indefinibile, a immaginare e cercare un pensiero sia della profondità assoluta sia della trascendenza totale, entrambe dimensioni inalterabili e perennemente esistenti.
L’ātman è quel che c’è nel più profondo dell’intimità di ogni essere vivente, un qualcosa di condiviso che coinvolge e accomuna tutti gli esseri viventi, qualcosa in rapporto al quale tutti gli esseri viventi possono essere visti come un solo grande essere. Nondimeno è una realtà che può essere raggiunta solo nell’individualità di ciascuno, e infatti ātman significa “se stesso”.
Quel che emerge con chiarezza dai testi è che l’ātman è, sia un’entità completamente impersonale e onni-pervadente, sia una potenza insuperabile che regola “da dentro” ogni aspetto della realtà, il Signore di tutto presente in ogni individuo.
Un punto filosoficamente interessante che troviamo espresso, è che il dato sensoriale è, sì, una presa su una realtà “là fuori”, ma produce un’immagine del reale che inevitabilmente corrisponde alle caratteristiche specifiche dell’organo sensoriale in azione (e il pensiero è a sua volta considerato un senso). In altre parole soggetto e oggetto si confondono uno con l’altro per tramite dei sensi, e non è quindi quella la via per arrivare a decifrare il fondamento del reale.
E’ l’origine filosofica della “svolta interiorizzante” del pensiero indiano antico: siccome nella realtà esterna siamo sopraffatti dalla corrispondenza fra sensi e dati sensoriali che ci preclude la via a qualunque comprensione profonda di quel che veramente c’è, allora bisogna rivolgere la propria indagine all’interno e giungere ad una realtà indescrivibile, l’ātman, che regola ogni cosa, libero da morte e dolore e tutt’uno col brahman, il principio indistinto che tutto trascende e sovrasta, oggetto privilegiato (il brahman) della filosofia indiana in ogni sua fase.
Va detto che molti dei passi che parlano dell’ātman hanno senz’altro un notevole valore, oltre che filosofico, anche letterario, sorta di mini-racconti, spesso in forma di dialogo, dove non pochi personaggi, pur essendo solo abbozzati, emergono con dei tratti ben precisi: anziani, meno anziani, conservatori, innovatori, leader, fuori casta, donne, la maggior parte con nomi e connotati ben precisi e alcuni ricorrenti in svariate Upaniṣad (non mancano fra i personaggi anche animali parlanti, demoni e dei del cielo).
Per esempio in molti dei passi che mettono l’ātman in correlazione col sonno e coi sogni troviamo immagini e descrizioni di innegabile livello poetico come è giusto che sia in un corpus agganciato alle sorprendenti e spesso splendide poesie che sono gli Inni del Ṛgveda, probabilmente il corpus di pregio letterario più antico scritto in una lingua indo-europea.
Mercoledì 10 gennaio, sempre c/o Odakayoga in via Cibrario 15 alle 20,15 il tema dell’incontro sarà il Mahābhārata.
Un terzo incontro il mercoledì 21 febbraio, nella stessa sede e con lo stesso orario, chiuderà questo ciclo sul pensiero indiano antico, parlando di buddismo originario per come lo si può ricostruire dai documenti più antichi.
Tutti gli incontri sono fruibili anche online
Per iscrizioni e informazioni odakayogatorino@gmail.com tel. 3336458050

2 pensieri su “La teoria del Sé

    1. Giulio Geymonat Autore articolo

      Grazie mille dei commenti!!! Sto meditando di scrivere qualcosa sul paṭiccasamuppāda, per par condicio, sai com’è.

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