Archivi categoria: Sanscrito

Lo yoga: è questione di fede o di cultura?

Sono più di 20 anni che mi interfaccio con la realtà dei centri yoga italiani e, se indubbiamente una cerchia di centri yoga mi ha accolto e mi accoglie, ospitando sia corsi di sanscrito che di filosofia (menziono in questo senso per esempio il Centro Daiva Jyoti di Torino, www.daivajyoti.com, dove terrò, nell’ambito di un corso di formazione insegnanti, il mio prossimo corso di sanscrito il 14 e 15 dicembre 2024, e, sempre a Torino, Essere Yoga www.facebook.com/EssereYogaTorino, o, a Milano, per esempio i centri yoga Spazio Shanti www.spazioshanti.com, Kriya Yoga Ashram www.kriyayogaashram.com, Ganga Yoga www.gangayoga.eu, Centered Yoga Studio centeredyogastudio.org, o, a Asti, SempliceMente Yoga www.semplicementeyoga.it, tutti centri questi ultimi che hanno recentemente ospitato mie iniziative); Continua a leggere

Lo zampino dei commenti nelle traduzioni: che problema!

Lo zampino dei commenti nella traduzione dei testi dal sanscrito è una questione veramente grossa, nel senso che moltissime traduzioni appaiono basarsi, ogni volta che c’è un passo un po’ denso e/o problematico, non su uno studio e un’interpretazione diretta del testo, ma accettando l’interpretazione di uno o più commenti, scritti quasi sempre secoli dopo, e in ambienti parecchio diversi da quelli del testo commentato. Continua a leggere

I diversi tipi di accoppiamento (dal Kāmasūtra, II, 10)

Il Kāmasūtra è un testo interessante e sorprendente. Lo rende interessante senz’altro l’argomento, cioè il kāma, ovvero il piacere in generale e in particolare l’eros, mentre a renderlo sorprendente è il suo stile e in particolare il modo con cui l’autore, Vātsyāyana, tratta la materia: Continua a leggere

Il Mettāsutta o “Discorso sull’apertura amichevole”

Il “Discorso sull’apertura amichevole” (o “Discorso sull’apertura benevolente”) fa parte del Canone Pāli, in particolare del Suttapiṭaka o “Cesta dei discorsi”, dove lo troviamo due volte, i.e. nella sezione Khuddakanikāya o “Mucchio dei testi brevi” (anche il Dhammapada, di cui ho recentemente tradotto una selezione di versi sublimi fa parte del Khuddakanikāya; vedi Dal Dhammapada) dove, come detto, compare due volte (non mi si chieda il perché), in Khuddakapāṭha 9 e in Suttanipāta, I, 8. Continua a leggere

L’illusione come dono divino (Bhagavadgītā, cap. XI)

Il capitolo XI della Bhagavadgītā è molto famoso perché in esso Arjuna, dopo averglielo esplicitamente chiesto, ottiene da Kr̥ṣṇa la possibilità di contemplare la sua (di Kr̥ṣṇa) forma suprema (rūpam aiśvaram), forma di cui il dio ha ripetutamente parlato nei capitoli precedenti. Continua a leggere

Pre-buddista o post-buddista?

Tutti (mi sembrerebbe strano il contrario) concordano sul fatto che il Buddha sia il primo “punto fermo” nella storia del pensiero indiano, nel senso che al Buddha si può assegnare una data sostanzialmente certa (V a.C.) mentre al Veda in generale, e alle upaniṣad in particolare (che sono la porzione più “filosofica” del Veda) no. Continua a leggere

Sull’importanza della pronuncia

Sāmaveda, Chāndogyopaniṣad, II, 22, 3-5 (ca VII a.C.)
3. Tutte le vocali sono collegate a Indra [re degli dei]; le sibilanti e i modificatori vocalici [ḥ, ṃ] sono collegati a Prajāpati [dio creatore]; tutte le consonanti sono collegate a Mṛtyu [dio della morte]. Se qualcuno dovesse riprendere il cantore riguardo alle vocali, questo gli deve dire: “Mi sono rifugiato in Indra: lui ti sgriderà”. Continua a leggere

Il dramma della vita (Mahābhārata, XI, 5-6)

Libro XI, Capitolo 5
Dhr̥tarāṣṭra disse:
1. Rivelami interamente e nel dettaglio la via dell’intelligenza, poiché è con l’intelligenza che si penetra quel mistero che è il Dovere (dharma).
Vidura disse:
2. Ora ti svelerò, dopo aver omaggiato il dio Brahma, come i grandi saggi parlavano di quel mistero che è il mondo della trasmigrazione (saṁsāra). Continua a leggere