Che “L’Attenzione” di Alberto Moravia sia un romanzo di valore non sta certamente a me doverlo ribadire, né spetta a me evidenziare l’importanza di Moravia nel panorama letterario italiano del dopoguerra, però credo possa essere utile che io evidenzi la componente chiaramente buddista, o se vogliamo indiana (ma è in particolare buddista) di questo romanzo, scritto, non a caso, subito dopo il mitico viaggio in India che Moravia fece, nel 1961, in compagnia di Pasolini e Morante. Continua a leggere
La grammatica sanscrita come opera d’arte
La cosa può sembrare strana a chi non abbia mai studiato sanscrito, o lo abbia studiato solo superficialmente, ma esiste uno specifico piacere, estetico e spirituale, derivante dalla contemplazione della grammatica sanscrita. Continua a leggere
Lo zampino dei commenti nelle traduzioni: che problema!
Lo zampino dei commenti nella traduzione dei testi dal sanscrito è una questione veramente grossa, nel senso che moltissime traduzioni appaiono basarsi, ogni volta che c’è un passo un po’ denso e/o problematico, non su uno studio e un’interpretazione diretta del testo, ma accettando l’interpretazione di uno o più commenti, scritti quasi sempre secoli dopo, e in ambienti parecchio diversi da quelli del testo commentato. Continua a leggere
I diversi tipi di accoppiamento (dal Kāmasūtra, II, 10)
Il Kāmasūtra è un testo interessante e sorprendente. Lo rende interessante senz’altro l’argomento, cioè il kāma, ovvero il piacere in generale e in particolare l’eros, mentre a renderlo sorprendente è il suo stile e in particolare il modo con cui l’autore, Vātsyāyana, tratta la materia: Continua a leggere
I 10 stadi dell’amore: dal Kāmasūtra (5.1, 4-5)
Questi i dieci stadi caratteristici del sentimento d’amore secondo il Kāmasūtra di Vātsyāyana (ca. IV d.C.):
1) gioia degli occhi [la/lo vedi, e sei subito felice] Continua a leggere
Il paṭiccasamuppāda o “teoria dell’origine interdipendente”
Il paṭiccasamuppāda (in sanscrito pratītyasamutpāda), traducibile con “(teoria dell’)
origine interdipendente (della realtà)”, è certamente qualcosa di molto importante per
il Buddha: egli lo formula (o volendo lo “scopre”) nella notte subito dopo l’illuminazione, appena ripresosi da sette giorni di enstasi meditativa (samādhi) e vi fariferimento svariate volte nei suoi discorsi. Continua a leggere
Il Mettāsutta o “Discorso sull’apertura amichevole”
Il “Discorso sull’apertura amichevole” (o “Discorso sull’apertura benevolente”) fa parte del Canone Pāli, in particolare del Suttapiṭaka o “Cesta dei discorsi”, dove lo troviamo due volte, i.e. nella sezione Khuddakanikāya o “Mucchio dei testi brevi” (anche il Dhammapada, di cui ho recentemente tradotto una selezione di versi sublimi fa parte del Khuddakanikāya; vedi Dal Dhammapada) dove, come detto, compare due volte (non mi si chieda il perché), in Khuddakapāṭha 9 e in Suttanipāta, I, 8. Continua a leggere
L’illusione come dono divino (Bhagavadgītā, cap. XI)
Il capitolo XI della Bhagavadgītā è molto famoso perché in esso Arjuna, dopo averglielo esplicitamente chiesto, ottiene da Kr̥ṣṇa la possibilità di contemplare la sua (di Kr̥ṣṇa) forma suprema (rūpam aiśvaram), forma di cui il dio ha ripetutamente parlato nei capitoli precedenti. Continua a leggere
Pre-buddista o post-buddista?
Tutti (mi sembrerebbe strano il contrario) concordano sul fatto che il Buddha sia il primo “punto fermo” nella storia del pensiero indiano, nel senso che al Buddha si può assegnare una data sostanzialmente certa (V a.C.) mentre al Veda in generale, e alle upaniṣad in particolare (che sono la porzione più “filosofica” del Veda) no. Continua a leggere
Sull’importanza della pronuncia
Sāmaveda, Chāndogyopaniṣad, II, 22, 3-5 (ca VII a.C.)
3. Tutte le vocali sono collegate a Indra [re degli dei]; le sibilanti e i modificatori vocalici [ḥ, ṃ] sono collegati a Prajāpati [dio creatore]; tutte le consonanti sono collegate a Mṛtyu [dio della morte]. Se qualcuno dovesse riprendere il cantore riguardo alle vocali, questo gli deve dire: “Mi sono rifugiato in Indra: lui ti sgriderà”. Continua a leggere