Lo zampino dei commenti nelle traduzioni: che problema!

Lo zampino dei commenti nella traduzione dei testi dal sanscrito è una questione veramente grossa, nel senso che moltissime traduzioni appaiono basarsi, ogni volta che c’è un passo un po’ denso e/o problematico, non su uno studio e un’interpretazione diretta del testo, ma accettando l’interpretazione di uno o più commenti, scritti quasi sempre secoli dopo, e in ambienti parecchio diversi da quelli del testo commentato. Continua a leggere

I diversi tipi di accoppiamento (dal Kāmasūtra, II, 10)

Il Kāmasūtra è un testo interessante e sorprendente. Lo rende interessante senz’altro l’argomento, cioè il kāma, ovvero il piacere in generale e in particolare l’eros, mentre a renderlo sorprendente è il suo stile e in particolare il modo con cui l’autore, Vātsyāyana, tratta la materia: Continua a leggere

Il paṭiccasamuppāda o “teoria dell’origine interdipendente”

Il paṭiccasamuppāda (in sanscrito pratītyasamutpāda), traducibile con “(teoria dell’)
origine interdipendente (della realtà)”, è certamente qualcosa di molto importante per
il Buddha: egli lo formula (o volendo lo “scopre”) nella notte subito dopo l’illuminazione, appena ripresosi da sette giorni di enstasi meditativa (samādhi) e vi fariferimento svariate volte nei suoi discorsi. Continua a leggere

Il Mettāsutta o “Discorso sull’apertura amichevole”

Il “Discorso sull’apertura amichevole” (o “Discorso sull’apertura benevolente”) fa parte del Canone Pāli, in particolare del Suttapiṭaka o “Cesta dei discorsi”, dove lo troviamo due volte, i.e. nella sezione Khuddakanikāya o “Mucchio dei testi brevi” (anche il Dhammapada, di cui ho recentemente tradotto una selezione di versi sublimi fa parte del Khuddakanikāya; vedi Dal Dhammapada) dove, come detto, compare due volte (non mi si chieda il perché), in Khuddakapāṭha 9 e in Suttanipāta, I, 8. Continua a leggere

L’illusione come dono divino (Bhagavadgītā, cap. XI)

Il capitolo XI della Bhagavadgītā è molto famoso perché in esso Arjuna, dopo averglielo esplicitamente chiesto, ottiene da Kr̥ṣṇa la possibilità di contemplare la sua (di Kr̥ṣṇa) forma suprema (rūpam aiśvaram), forma di cui il dio ha ripetutamente parlato nei capitoli precedenti. Continua a leggere

Pre-buddista o post-buddista?

Tutti (mi sembrerebbe strano il contrario) concordano sul fatto che il Buddha sia il primo “punto fermo” nella storia del pensiero indiano, nel senso che al Buddha si può assegnare una data sostanzialmente certa (V a.C.) mentre al Veda in generale, e alle upaniṣad in particolare (che sono la porzione più “filosofica” del Veda) no. Continua a leggere

Sull’importanza della pronuncia

Sāmaveda, Chāndogyopaniṣad, II, 22, 3-5 (ca VII a.C.)
3. Tutte le vocali sono collegate a Indra [re degli dei]; le sibilanti e i modificatori vocalici [ḥ, ṃ] sono collegati a Prajāpati [dio creatore]; tutte le consonanti sono collegate a Mṛtyu [dio della morte]. Se qualcuno dovesse riprendere il cantore riguardo alle vocali, questo gli deve dire: “Mi sono rifugiato in Indra: lui ti sgriderà”. Continua a leggere

Dal Dhammapada

Il Dhammapada fa parte del Canone Pāli (Suttapiṭaka, Khuddakanikāya) e appartiene quindi allo strato più antico della letteratura indiana, se con letteratura intendiamo testi scritti: alcune, se non tutte, le parti dei Veda infatti sono certamente più antiche del Canone Pāli, ma i Veda furono messi per iscritto molti secoli dopo la redazione del Canone Pāli. Continua a leggere